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Arezzo e la fuga silenziosa dei giovani: una città che perde il suo futuro

Arezzo è una città che si racconta da sola, tra le sue pietre antiche, le piazze rinascimentali e le colline che la circondano come una cornice d’altri tempi. Ma dietro questa bellezza da cartolina, qualcosa si sta spegnendo: i giovani se ne vanno. E nessuno, davvero, sembra fermarli.

Un fenomeno che non fa rumore, ma lascia il vuoto
Da anni ormai si parla di “fuga dei cervelli” a livello nazionale, ma quello che accade ad Arezzo è qualcosa di ancora più profondo e, per certi versi, più doloroso. Non si tratta solo di laureati eccellenti che scelgono Berlino, Milano o Dublino. Qui se ne vanno tutti: diplomati, universitari, ragazzi in cerca di un lavoro, ma anche chi semplicemente vuole respirare un’aria diversa. E molto spesso, una volta andati via, non tornano più.

Secondo i dati ISTAT più recenti, tra il 2011 e il 2021, la popolazione giovanile (18-35 anni) in provincia di Arezzo è diminuita di oltre il 12%. In città, la percentuale è ancora più alta. Ogni anno, centinaia di giovani lasciano la città, e chi resta si sente sempre più fuori posto, più solo, più distante da un contesto che sembra non parlare la sua lingua.

Perché i giovani lasciano Arezzo?
Le cause sono molteplici, e spesso si sovrappongono come strati di una stessa ferita. Il primo problema, quello più evidente, è la mancanza di opportunità.

1. Lavoro: un deserto di occasioni

Arezzo, nonostante una solida base industriale (ora in declino), non riesce a offrire ai giovani percorsi professionali stabili, appaganti o coerenti con i loro studi. Le aziende cercano spesso profili già formati, con esperienza, e i contratti offerti sono troppo spesso precari, sottopagati o temporanei.

«Ho mandato decine di curriculum ad aziende di Arezzo dopo la laurea, ma nessuno mi ha risposto. Appena ho provato a cercare a Bologna, nel giro di due settimane avevo due colloqui», racconta Marco, 25 anni, che oggi lavora in ambito marketing e non ha alcuna intenzione di tornare.

2. Studio: partire è quasi obbligatorio

Nonostante la presenza di alcune sedi universitarie, Arezzo non è una vera città universitaria. I corsi offerti sono pochi, il numero di studenti limitato, la vita accademica quasi assente. La maggior parte dei ragazzi, dopo il diploma, parte per Firenze, Perugia, Bologna o Roma. E chi parte per studiare, difficilmente torna: crea relazioni, trova lavoro, costruisce altrove la propria indipendenza.

3. Vita culturale e sociale: una città per “grandi”

Se sei giovane ad Arezzo, spesso hai la sensazione che la città non sia fatta per te. I locali chiudono presto, gli eventi sono pochi e poco pubblicizzati, gli spazi aggregativi sono scarsi. Le iniziative giovanili nascono spesso dal basso, senza il supporto delle istituzioni, e raramente riescono a durare nel tempo.

«Ho provato a organizzare un festival per i giovani, ma tra burocrazia, mancanza di fondi e poca apertura delle istituzioni, ho mollato. È una città che ti fa passare la voglia», racconta Chiara, 22 anni, che oggi vive e studia a Torino.

Una città che invecchia e si ripiega su sé stessa
L’esodo giovanile ha conseguenze concrete: l’età media cresce, la natalità diminuisce, le scuole si svuotano, i quartieri cambiano volto. L’economia rallenta, perché senza giovani non c’è innovazione, non c’è consumo, non c’è energia.

E poi c’è un altro rischio, meno visibile ma altrettanto pericoloso: la perdita dell’identità collettiva. I giovani non sono solo numeri o forza lavoro: sono idee, visione, linguaggio, movimento. Senza di loro, Arezzo rischia di diventare una città bellissima, ma immobile. Un luogo da visitare, non da vivere.

Cosa (non) si sta facendo?
Negli ultimi anni, il Comune ha avviato alcuni progetti dedicati ai giovani: bandi per start-up, spazi di coworking, eventi culturali. Ma spesso si tratta di iniziative isolate, scollegate tra loro, con poca continuità e scarsissimo impatto.

Manca un vero piano strategico per la gioventù, capace di mettere insieme formazione, lavoro, cultura, abitazione e partecipazione politica. Manca il coraggio di investire, davvero, sulle nuove generazioni. Manca un ascolto reale delle esigenze di chi ha vent’anni e sente di non avere un posto in questa città.

Le idee non mancano, ma serve volontà
Le soluzioni non sono semplici, ma neppure impossibili. Ecco alcune proposte concrete che potrebbero contribuire a invertire la tendenza della fuga dei giovani:

1. Incentivare l’imprenditorialità giovanile

Arezzo ha bisogno di giovani che creano, che sperimentano, che innovano. Le amministrazioni locali potrebbero creare fondi per supportare le start-up giovanili, offrendo incentivi fiscali o finanziamenti a fondo perduto. Creare un incubatore di imprese per giovani imprenditori e professionisti potrebbe essere la chiave per attrarre e trattenere giovani talenti.

2. Investire nel settore tecnologico e creativo

Molti giovani di oggi sono sempre più attratti da lavori nel digitale, nel design, nell’arte e nella cultura. Arezzo potrebbe diventare una “hub” per il settore creativo e digitale, con corsi di formazione specifici, collaborazioni tra università, aziende e artisti locali, e creazione di spazi comuni dove i giovani possano incontrarsi, lavorare e sviluppare i loro progetti.

3. Rendere Arezzo una città universitaria

Arezzo ha bisogno di diversificare l’offerta formativa per attrarre giovani studenti da tutta Italia e anche dall’estero. L’università è un motore di crescita, sia economica che culturale, e potrebbe incentivare la creazione di nuove residenze per studenti, ampliando l’offerta di corsi universitari e creando una rete di collaborazione con le università più grandi come quella di Firenze.

4. Rivitalizzare la vita sociale e culturale

Arezzo deve tornare ad essere una città viva anche di notte, con spazi per la musica, il teatro, il cinema, ma anche per eventi più piccoli, che parlano direttamente ai giovani. Incentivare le attività culturali locali e creare un calendario di eventi pensato per il pubblico giovanile potrebbe fare la differenza.

5. Politiche abitative per giovani

L’accesso alla casa è un ostacolo importante per chi vuole indipendenza, ma non può permettersi un affitto esorbitante. Sono necessarie politiche che prevedano affitti a prezzi calmierati o case in affitto per giovani a lungo termine. Inoltre, il miglioramento delle infrastrutture e dei trasporti potrebbe rendere la città più accessibile anche a chi non può permettersi di vivere nel centro.

Una domanda per tutti: che futuro vogliamo per Arezzo?
Arezzo è una città che ha tutto per essere una perla del centro Italia: cultura, paesaggio, artigianato, tradizione. Ma senza i giovani, tutto questo rischia di appassire. Non basta attirare turisti o vendere case ai pensionati. Serve guardare avanti.

Forse è il momento di fermarsi a riflettere, tutti insieme — istituzioni, cittadini, imprenditori, educatori — su una domanda fondamentale: che città vogliamo essere tra dieci, venti, trent’anni?

Se la risposta include vitalità, innovazione, comunità e futuro, allora c’è una sola via: riportare i giovani al centro. E non solo a parole.

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